La parità sul lavoro tra uomo e donna è ancora un miraggio?

Guardando i dati dell’infografica pubblicata da Manageritalia, la federazione nazionale che associa oltre 35.000 manager, quadri e professionisti, nonostante il grande impegno e i ripetuti successi ottenuti dalle donne, c’è ancora molto da fare.

Sul piano della formazione, le donne si distinguono maggiormente rispetto agli uomini: sono più istruite, più rapide nel raggiungere i propri traguardi accademici e si dedicano maggiormente alla lettura, nei confronti di un uomo che si rivela leader solo in quanto a indipendenza personale, dall’alto di una maggiore capacità di spesa ed autonomia in termini di mobilità.

Gli ottimi risultati sul piano delle competenze personali e culturali non sembrano però bastare guardando lo scenario professionale italiano:  il 67.4% degli uomini tra i 15 e i 64 anni è occupato, contro solamente il 46,5% delle donne della stessa fascia d’età.

Il divario si allarga sempre di più se si considerano le percentuali di ripartizione a livello dirigenziale: le donne dirigenti nel settore privato in Italia sono il 13,3% del totale dei dirigenti (la media europea è del 29%), con il settore terziario maggiormente in rosa  rispetto a quello dell’industria (16,4% di dirigenti donne contro il 10,2%).

Analizzando le presenze all’interno dei consigli d’amministrazione del settore terziario privato si nota uno spaccato in linea con le evidenze precedenti: su un totale di 8770 aziende monitorate, nel 66,85% dei casi non ci sono donne all’interno dei CDA e solo nel 9,28% dei casi ci si trova di fronte ad un CDA completamente rosa.

A livello regionale,  Calabria (18,9%) e Lazio (18,1%) svettano per percentuale di donne dirigenti, seguite da Val d’Aosta (15,5%) e Lombardia (14,7%). Agli ultimi posti il Trentino Alto Adige (7,0%) e l’Abruzzo (7,6%).

Quali potrebbero essere, a questo punto, le soluzioni per risollevare questo gap?

Nei prossimi anni – dice Marisa Montegiove, responsabile del Gruppo Donne Manager di Manageritalia – le donne saranno il vero motore di sviluppo dell’economia italiana. Infatti, a differenza dei principali paesi Ocse, che hanno già un’elevata partecipazione al lavoro delle donne,l’Italia potrà sfruttare il basso utilizzo del lavoro femminile come arma in più per crescere. Dobbiamo quindi lavorare perché un grave deficit culturale diventi un vantaggio, perché siano eliminati i costi della discriminazione femminile. Per far sì che le donne, caratterizzate tra l’altro da un’elevata scolarizzazione, possano darci quel qualcosa in più per competere al meglio nell’economia della conoscenza. Per questo vogliamo sviluppare proposte e azioni tese a valorizzare competenze e professionalità in rosa e a generare percorsi virtuosi che lavorino più sull’affermazione della qualità della donna che sull’evidenziazione delle difficoltà che la società le propone. Per questo, così come Manageritalia sta da tempo facendo in tutta la penisola, vogliamo parlare della difficoltà delle donne di raggiungere ruoli decisionali, ma soprattutto cominciare a migliorare la situazione per tutte le donne che lavorano e che speriamo possano farlo con sempre meno ostacoli in futuro, potendo anche raggiungere la cabina di comando più numerose di oggi”.